sabato 29 novembre 2014

Trentatré - Mirya


"Trentatré sono i giorni che Dio Si impegna a trascorrere sulla terra, senza i Suoi poteri, prima che Suo Figlio acconsenta ad aiutarLo nell’Apocalisse; ma scopre subito che l’umanità è un abito scomodo da indossare.
Trentatré sono i giorni di cui Grace dispone per persuadere quel vecchio pazzo convinto di essere Dio che l’universo non deve finire; ma c’è un asino dagli occhi azzurri a complicarle la vita e a lei non resta che cercare di trasformarlo in un unicorno rosa. 
Trentatré sono i giorni in cui Michele deve affrontare i suoi demoni, per liberarsi del marchio di Caino e imparare di nuovo ad avere fiducia; ma c’è una rossa intenzionata a combattere contro di lui che invece forse potrebbe combattere al suo fianco. 
Trentatré sono i giorni necessari a cambiare per sempre le vite del vecchio Giò, di Amir, di Juliette e di tutti coloro che ruotano attorno allo stesso locale, quel locale che in fondo può assomigliare ad una casa, come loro in fondo possono assomigliare ad una famiglia. 
Perché la fortuna non è positiva né negativa, le cose migliori accadono per caso e il mondo è pieno di incastri." 

*****

Basterebbe solo la trama a far innamorare un lettore di questo romanzo. Basterebbe Grace, la sua dolcezza, il suo sorriso genuino, non un semplice scudo contro il dolore ma una vera e propria arma con la quale combattere il cinismo della vita, a spiegare il verso senso di questa storia. Basterebbe Michele, quel suo modo di fare quasi antipatico, distante, quella sua angoscia innata del domani così terribilmente legata alla paura del passato, la sua vulnerabilità a rendere il lettore incapace di staccare gli occhi dalle parole fino a che non arriva l'ultima pagina. E basterebbe D, quello strambo omino che crede di essere Dio, che è Dio, e che cerca in tutti i modi di adattarsi ad un mondo e ad un corpo che è stato lui stesso a creare, ma che forse non è mai stato capace di comprendere fino in fondo a dare le motivazioni necessarie per immergerti fino in fondo in quello che non è un romanzo, non soltanto, ma che è anche la storia di tante persone, di quelle che puoi incontrare per caso quando meno te lo aspetti, persone come me o come te, che magari hanno un vissuto difficile alle spalle, il cui futuro può essere perfino incerto.
Trentatré non è un racconto su Dio, non nel senso più stretto del termine né, tanto meno, è un racconto che parla di qualcosa di ultraterreno, di incomprensibile, di inafferrabile come solo Dio può essere. Trentatré è un racconto terreno, così reale da fare anche male a volte, perché nella storia di Grace ci si possono ritrovare tante persone, perché nella sofferenza di Michele si nascondono tanti uomini uguali a lui, perché nel grande forza di Juliette si possono intravedere tante ragazze che hanno sempre creduto di essere fragili, ma che non lo sono mai state, combattenti nate che hanno solo dimenticato come si lotta.
Mirya sa raccontare tutto questo con una grazia e un'eleganza fuori dal comune, la stessa con la quale riesce a far ridere e piangere il lettore, legato alle sue parole, alle sue storie, a quei brandelli di vita vera che sa bene come rendere reale, quasi palpabile, così tangibile da farti credere che quella storia di cui sta parlando è proprio la tua.
Ho iniziato a leggere Trentatré mentre ero in aereo, destinazione Dublino. Mi è parso di sentirmi un po' più vicina a Dio di quanto non lo sia mai davvero stata, non in questi ultimi anni. Ma più che vicina a Lui, mi sono sentita indissolubilmente legata a D, a quella bislacca, tenerissima forma terrena di un'Essenza che mai prima di oggi ho pensato potesse essere così umana. Mi sono sentita Grace e anche Michele, ho provato le stesse sensazioni di Juliette, ho parteggiato per Amir nel momento in cui ho davvero capito quante cose possono nascondersi sotto una imperfetta superficie e ho condiviso le emozioni del vecchio Giò, giustificando perfino il suo comportamento, salvo poi parteggiare per chi quel suo comportamento non lo ha mai davvero capito né accettato.
Perché è questa la grandezza di Mirya: l'essere capace di rendere speciali quelle storie che si sentono tutti i giorni, che a volte passano perfino inosservate in questo mare di grigio cinismo e di stupidi asini. Ti fa credere di essere tu il vero protagonista, in mille forme e sfumature diverse e rende possibile l'impossibile, un po' come il Fortuna, un bar sgangherato da due soldi, ma dalla struttura ben più solida di quanto una persona possa pensare, sarà capace di riunire i pezzi dando loro una casa, una dimora. È l'incastro perfetto, perché è il luogo dove le cose si intrecciano per non sciogliersi mai più.
Potrei dilungarmi ancora per ore a parlare di Trentatré - e dire che avevo detto che bastava solo la trama a farvene innamorare – ma forse è meglio che lasci spazio a voi, cari lettori: un libro non si può scoprire attraverso le parole degli altri. Un libro va letto e va vissuto sulla propria pelle, proprio come ho fatto io ieri, immersa nella lettura di quello che è stato un romanzo capace di farmi ridere e piangere allo stesso tempo.
Vi auguro di poter vivere Trentatré con la stessa intensità con la quale l'ho vissuto io. Vi sconvolgerà, mi emozionerà, vi strapperà sorrisi, forse anche qualche piccola arrabbiatura passeggera, vi saprà regalare qualcosa di davvero unico e vi farà piangere, anche se non è questo quello che davvero importa: perché c'è sempre da imparare dal dolore.
Perché c'è sempre la neve, anche nelle calde giornate di sole. E non c'è cura migliore della neve per lenire ferite che sembrano non potersi rimarginare mai.
*****
Entrare nel mondo di Mirya è facile. Di seguito potrete trovare link utili per seguirla!

Potete anche leggere la recensione di Les Fleurs du Mal Di Carne e di Carta cliccando semplicemente sul titolo, mentre se volete acquistare la sua ultima, meravigliosa creatura di inchiostro (digitale), non dovrete far altro che andare su Amazon sempre cliccando il link!

Buona lettura a voi, amici. 
E un grazie speciale a Mirya che ha saputo trattare temi anche molto delicati, dei quali non sempre le persone hanno il coraggio di parlare, rendendoli non più qualcosa di cui aver paura o dai quali dover fuggire.




Recensione a cura di Dora

lunedì 3 novembre 2014

Lettera a Giorgio Faletti

"Ho sempre sostituito la paura di non farcela più con la speranza di farcela di nuovo"
**

Ciao Giorgio,
mi rivolgo a te come se fossimo amici, spero non ti dispiaccia. Un po', mio amico lo sei anche se tu di certo non ne sei mai stato consapevole.
Ti ho conosciuto grazie al tuo grande impegno artistico, anche se non ero ancora nata durante il tue debutto al cabaret, ho avuto modo di apprezzare la tua verve comica in televisione, durante i vari speciali, in quelle trasmissioni che tanto amano parlare dei bei tempi andati, quando la comicità era diversa, forse perfino più divertente. Ricordo, però, quando cantavi Signor Tenente, ero una bambina, è vero e di certo non capivo il significato profondo di quel testo, ma anche all'orecchio di una bambinetta quella canzone aveva un valore, forse non quello che hai cercato di dare tu, ma è pur sempre un inizio, non trovi?
È stata, però, la letteratura che mi ha permesso di conoscerti davvero, dandomi la possibilità di apprezzare anche questo aspetto della tua immensa ed eclettica personalità. Lo ammetto, all'inizio ho storto un po' il naso quando è stato pubblicato Io Uccido. Per quale motivo un uomo come te, un cabarettista, qualcuno con un passato di così tanto successo alle spalle, si è dovuto cimentare anche con un romanzo? Forse non mi andava giù che tu volessi accaparrarti una nuova fetta di pubblico, nella mia testa mi è come sembrato un estremo tentativo di mettersi ulteriormente in luce, un capriccio di una persona famosa, se vogliamo metterla così. Poi, però, ho capito. Sei stato tu a farmi capire. O, ancora meglio, è stato il tuo modo di scrivere a darmi la risposta a tutte quante le domande.
Non sei mai stato il solito scrittore delle solite storie. Hai sempre avuto qualcosa in più, un estrosità, una scintilla, capace di far diventare speciale qualcosa che altri avrebbero potuto banalizzare, rendere solo un romanzo come tanti tra i troppi. E invece no. Tu, caro Giorgio, sei riuscito a creare una storia dal ritmo serrato, piena di colpi di scena che ti attendono dietro l'angolo, con quel pizzico di mistero capace di tenere il lettore incollato alle pagine finché non arriva la soluzione del caso.
Ed è stato amore. Non ci credi? Dovresti, sai? Perché credo che quando ci si appassiona ad un libro si accende nel cuore di una persona qualcosa di non molto diverso da una scintilla e tu, Giorgio, hai fatto proprio questo: sei riuscito a folgorarmi.
Ho comprato tutti i tuoi romanzi da quel giorno, li ho letti con la stessa voracità con la quale ho divorato Io Uccido, ma ce n'è uno che più di tutti quanti li altri, mi ha davvero emozionato fino al punto di tornare indietro per rileggerlo ancora, alla ricerca di quegli indizi che tu hai magistralmente disseminato per le pagine, ma che hai nascosto così bene tra una montagna di altrettante belle parole che sanno confonderti, sviarti, forse anche manipolarti.
Niente di Vero Tranne gli Occhi è stato questo per me: il tuo libro migliore, quello con la storia più appassionante, intrigante, con un taglio confezionato ad arte, capace di cadere addosso ai personaggi come un vestito di sartoria. È il romanzo che consiglio sempre a tutti quando mi chiedono un thriller da leggere, perché è questo che tu hai scritto. Un thriller con tutti i crismi del caso, che non ha nulla da invidiare a quelli americani, di successo internazionale, ma a volte mai coinvolgenti come quello che sei stato capace di scrivere tu.
Posso farti una confessione? Il solo che ho avuto difficoltà a leggere è stato Fuori da un Evidente Destino che mi ha messo sinceramente a dura prova. Per molti è il tuo romanzo meglio riuscito, quello più maturo, tanto che appena uscito Dino De Laurentiis ha acquistato i diritti per farne un film. Io ho dovuto iniziarlo almeno cinque volte prima di riuscire a passare il punto critico dove continuavo a bloccarmi, qualcosa come la pagina venti. Non a tutti piacciono le stesse, questo per me è il romanzo più complesso, quello anche più complicato se vogliamo metterla in questi termini, ma penso che, se mai quel film si farà, non mancherò certo di andarlo a vedere.
Io sono Dio, invece, mi ha tenuto sveglia una notte intera per finirlo, ma forse a colpirmi davvero è stato Appunti di un Venditore di Donne, ambientato in una Milano che non conoscevo, che mi è parsa estranea e famigliare allo stesso tempo. A chiudere il cerchio Tre atti due tempi che, per me che non amo molto questo genere di storie, non è stato sicuramente tra i colpi di fulmine, ma di certo ne ho saputo apprezzare ogni sfaccettatura, ogni minimo dettaglio, così come non ho potuto non leggere e lasciarmi trascinare dall'antologia di racconti Pochi Inutili Nascondigli.
Quindi, come vedi, siamo un po' amici o, se vuoi, anche solo conoscenti. Io ti conosco perché nei bei romanzi che ci hai regalato sei riuscito a imprimere un po' di te, lasciandoci una traccia di quel grande uomo che sei sempre stato, che potevi continuare ad essere se il destino non avesse avuto altri piani in mente per te.
Qualche giorno fa ho sentito alla radio una bella intervista di Donato Carrisi, tuo collega scrittore anche lui amante dei gialli. Mi è rimasta impressa una frase che porto ancora con me, impressa nella mia mente di smemorata cronica. Ha detto che sei andato via troppo presto, che ci avresti regalato ancora tantissime altre storie se solo ti fosse stato concesso un po' più tempo e che quello che ti ha colpito, quel male che poi ti ha portato via, non ha avuto il potere di intaccare il tuo grande spirito di combattente dal sorriso perennemente stampato sulle labbra con il quale hai affrontato anche il tuo percorso, lasciandoci con il fiato sospeso ancora una volta, come nel migliore dei tuoi romanzi.
Perciò grazie Giorgio.
Grazie da parte di una lettrice che sui tuoi libri ha creato mondi paralleli nei quali improvvisarsi investigatrice.
Grazie da parte di una come tanti che ti ha sempre apprezzato tantissimo, che si è intristita nel sapere della tua prematura scomparsa. Una persona che sempre ti ricorderà grazie ai tuoi libri e che con loro non smetterà mai di pensare a te.
Ciao Giorgio.

Dora

**

IO UCCIDO (clicca sul titolo per leggere un estratto)
Un dee-jay di Radio Monte Carlo, durante una trasmissione notturna, riceve la telefonata delirante di un uomo che dice di essere un assassino. L'incidente è archiviato come uno scherzo di pessimo gusto, ma il giorno dopo un pilota di Formula Uno e la sua compagna vengono trovati morti e orrendamente mutilati sulla loro barca. A seguire le indagini è il commissario Hulot, affiancato dall'investigatore Frank Ottobre, un ex agente. Non c'è mai stato un serial killer nel Principato di Monaco. Adesso c'è.



 NIENTE DI VERO TRANNE GLI OCCHI
Che cosa unisce Jordan Marsalis, fratello del sindaco di New york ed ex tenente di polizia, e Maureen Martini, commmissario di polizia a Roma? Apparentemente nulla. Eppure, per strade e vicissitudini diverse, si troveranno uniti in un'indagine su un beffardo assassino che compone i corpi delle sue vittime come i personaggi dei Peanuts, dopo averle seviziate nei modi più efferati. La prima vittima è un pittore "maledetto", figlio del sindaco di New York e nipote di Jordan, cui fanno seguito altri due omicidi misteriosamente collegati fra loro. Un susseguirsi di colpi di scena sullo sfondo della metropoli più metropoli del mondo, dove tutto è accaduto e dove tutto può accadere, dove in realtà non c'è niente di vero. Tranne gli occhi...

FUORI DA UN EVIDENTE DESTINO
Il passato è il posto più difficile a cui tornare. Jim Mackenzie, pilota di elicotteri per metà indiano, lo impara a sue spese quando torna nella città ai margini della riserva Navajo dove ha trascorso l'adolescenza e da cui ha sempre desiderato fuggire. Jim si ritrova costretto a districarsi fra conti in sospeso e parole mai dette, uomini e donne che credeva di aver dimenticato e presenze che sperava cancellate dal tempo.





IO SONO DIO (clicca sul titolo per leggere un estratto)
Un'onda assassina sta colpendo la città di New York. Cariche esplosive al napalm tirano giù i palazzi come fossero di cartapesta, seminando morte e distruzione. Il killer che si nasconde dietro questa devastazione sembra ineffabile più di uno spettro: non rivendica le proprie azioni, non lascia traccia, non si firma. Ma una giovane detective, aiutata da un fotoreporter con un passato discutibile da farsi perdonare, sembra aver trovato una chiave per risolvere il rompicapo. E risalire all'origine del male.



APPUNTI DI UN VENDITORE DI DONNE (clicca sul titolo per leggere un estratto)
1978. Mentre l’Italia intera vive i giorni drammatici del sequestro Moro, una Milano stremata dagli scontri politici e sotto la minaccia del banditismo si prepara a diventare la Città da Bere degli anni Ottanta.
È in questo ambiente, tra ristoranti di lusso, discoteche, bische clandestine e cabaret − dove cresce una nuova generazione di comici − che conduce i propri affari un uomo enigmatico, affascinante, reso cinico da una menomazione inflittagli per uno sgarbo. Tutti lo conoscono con il nome di Bravo. Lavora con le donne. Le vende.
La comparsa improvvisa di una ragazza, Carla, sembra risvegliare in Bravo sensazioni che credeva sopite per sempre. È invece l’inizio di un incubo che lo trasformerà in un uomo braccato dalla polizia, dai Servizi Segreti deviati, dalla criminalità organizzata e dai brigatisti rossi. Per salvarsi potrà contare solo su se stesso.

TRE ATTI DUE TEMPI (clicca sul titolo per leggere un estratto)
"Io mi chiamo Silvano ma la provincia è sempre pronta a trovare un soprannome. E da Silvano a Silver la strada è breve". Con la sua voce dimessa e magnetica, sottolineata da una nota sulfurea e intrisa di umorismo amaro, il protagonista ci porta dentro una storia che, lette le prime righe, non riusciamo piú ad abbandonare. Con "Tre atti e due tempi" Giorgio Faletti ci consegna un romanzo composto come una partitura musicale e teso come un thriller, che toglie il fiato con il susseguirsi dei colpi di scena mentre ad ogni pagina i personaggi acquistano umanità e verità. Un romanzo che stringe in unità fili diversi: la corruzione del calcio e della società, la mancanza di futuro per chi è giovane, la responsabilità individuale, la qualità dell'amore e dei sentimenti in ogni momento della vita, il conflitto tra genitori e figli. E intanto, davanti ai nostri occhi, si disegnano i tratti affaticati e sorridenti di un personaggio indimenticabile. Silver, l'antieroe in cui tutti ci riconosciamo e di cui tutti abbiamo bisogno.

POCHI INUTILI NASCONDIGLI (clicca sul titolo per leggere un estratto)
Intorno a ognuno di noi, dentro a ognuno di noi, c'è una parte oscura, un lato in ombra che la luce della ragione ha timore di illuminare per paura di ritrovarsi sconfitta. E in questa zona buia e fantastica si muovono i personaggi di questa antologia (sette racconti), uomini e donne che si trasformano all'improvviso di fronte a un mondo sconosciuto, a un nuovo volto nello specchio, a quella cupa forma di angoscia che solo l'incomprensibile può trasformare in orrore.