lunedì 28 luglio 2014

Ritratti d'Autore

Albert Camus e la rivolta dell'animo umano

a cura di Dora



Parlare dei grandi classici della letteratura non è mai facile. Che cosa mai si può dire che non sia già stato detto? Quali parole si potrebbero usare per cercare di descrivere la bellezza di qualcosa che tutti sanno essere effettivamente magnifico, senza tempo, quasi perfetto? È un po' come parlare delle grandi band che hanno fatto la storia della musica: possono non piacerti, ma di certo ne cogli la grande importanza storica, quella che poi ha influenzato tutto un genere, una corrente, un filone e non cambia certo quando è di un romanzo che si parla.
Ho pensato tanto a quale classico proporre e tantissime sono state le mie lotte interiori che mi hanno spinta verso questo o quell'autore. Poi, la rivelazione. Nel corso della mia vita, anche un po' per il percorso universitario che ho scelto, mi sono imbattuta in tantissimi scrittori e drammaturghi che hanno davvero fatto la storia, reinventato le regole, modificato la percezione di un sentire comune, ribaltando ogni cosa, perfino le lettere, alla propria volontà e ho capito di chi avrei voluto parlare, forse anche perché è qualcuno che non tutti conoscono.
Si tratta di Albert Camus, uno scrittore e drammaturgo francese, ma anche un filosofo e un pensatore, un saggista di grande fama e soprattutto dalla grande profondità morale e intellettuale.
Mi sono imbattuta in lui quasi per caso durante un corso di storia del teatro francese. Non avrei mai scelto questo esame, nel mio piano di studi era previsto uno a scelta tra teatro russo, spagnolo, inglese, tedesco e, appunto francese, ma mai mi sarei indirizzata su quest'ultimo, forse perché non ho mai avuto un grandissimo rapporto con questa parte di Europa che non ha mai esercitato su di me chissà quale strano fascino. Il destino, si sa, opera in modi che nessuno può capire o conoscere e io mi sono ritrovata così a seguire un corso che non volevo, nella maniera più assoluta, seguire, con un programma di cui non capivo nulla perché era tutto in francese (e io, ovviamente, non conosco mezza parola della lingua...) e con autori mai sentiti nominare in tutta la mia vita: insomma, premesse non edificanti e percorso decisamente tortuoso per me, povera studentessa decisa a finire il più velocemente possibile la sua laurea magistrale.
Date queste premesse penso non sarà difficile per voi immaginare il mio stato d'animo il giorno della prima lezione: sveglia prestissimo per arrivare in università, voglia non propriamente ai massimi livelli, dubbi e ripensamenti, ma soprattutto una gran voglia di ottenere l'abilitazione per il dono dell'ubiquità per essere presente ad un altro corso (quello di letteratura inglese) che, ovviamente, non potevo frequentare perché la mia presenza era richiesta altrove...quando si dice la sorte.
Ovviamente non sarei qui a scrivere di tutto questo se non ci fosse stata una svolta inattesa. E c'è stata, posso garantirvelo, ma soprattutto posso cercare di spiegarvi quello che è successo, magari provando perfino a passarvi il mio amore per un autore che ero ben decisa ad odiare per partito preso sulla scia di un disinteresse ingiustificato che, però, sono contenta si sia trasformato in qualcosa di decisamente più piacevole.
Di professori davvero bravi e preparati nel loro campo ce ne sono: forse sono pochi, alcuni magari si nascondono in qualche angolino sperduto del mondo, ma sono convinta che esistano e che più o meno a tutti sia capitato di incontrarne almeno uno durante il proprio percorso formativo. Io sono stata fortunata e ne ho avuti diversi, ma quella che ricordo con più affetto e ammirazione è la docente di storia del teatro francese che è stata così brava da farmi appassionare a qualcosa che, stupidamente, avevo deciso di non apprezzare pur non conoscendo nulla di quell'argomento.
La scintilla è scattata subito, dalla prima lezione, forse perché Camus è un autore dal temperamento moderno (dopotutto nasce nel 1913 e muore nel 1960, anni comunque non troppo lontani da noi), che tratta argomenti decisamente contemporanei pur riuscendo a dar loro caratteristiche senza tempo, quasi assolute.
Ho scelto di parlare di lui anche per questo motivo, perché credo sia impossibile non cogliere la sua attualità nonostante sia un autore forse più di nicchia rispetto ad altri dei quali si sente parlare, forse, più spesso.
Non mi dilungherò certo in una descrizione minuziosa delle sue opere, sono tante e tutte complesse e non basterebbero ore per dire qualcosa su tutte, né ho intenzione di annoiarvi su vuote questioni riguardanti lo stile o la parte tecnica del suo lavoro: questa non è una lezione universitaria, non ci sono voti e state pur certi che non vi interrogherò una volta che avrete finito di leggere, ma di certo spero che le mie parole vi abbiano interessato a tal punto da spingervi a fare anche una mini ricerca su google riguardo l'argomento (dopotutto è questo lo scopo di una rubrica di libri, non credete?!).
Quello che però voglio sicuramente dirvi è che Camus è il maestro dell'assurdo, ma anche della ribellione ed è forse questo che lo rende così affascinante agli occhi di chi legge, perché la vita è sì assurda con tutte le sue contraddizioni, il suo malessere, con quella sua costante presenza di elementi che la rendono a volte difficile perfino da vivere, ma non per questo noi dobbiamo essere passivi davanti ad essa. Ci dobbiamo ribellare, dobbiamo almeno tentare di contrastare questa assurdità, siamo chiamati a prendere in mano le redini della situazione e, magari, perfino a cambiare le sorti della nostra esistenza.
È questo che fa Caligola, il personaggio che forse più di tutti incarna pienamente questo concetto, l'essenza stessa del lavoro di Camus, bilanciando alla perfezione due aspetti fondamentali presenti in tutti i lavori dello scrittore: da una parte la bellezza (per tradizione, l'imperatore Caligola è orrendo nell'aspetto e nelle azioni) capace di riscattare l'essere umano, dall'altra il perpetuo tentativo  di rivoltarsi contro l'assurdità della vita per darle, in qualche modo, senso e valore.
Caligola è un testo teatrale che fa riferimento alla Vita dei dodici Cesari di Svetonio, ma a quest'opera Camus dà solo una rapida occhiata, getta solo un fugace sguardo e non è altro che un piccolo punto di partenza per creare un personaggio, e una storia, dagli esiti estremi, dai contorni apparentemente netti e precisi, dagli esiti quasi scontati che puntano a condannare definitivamente le azioni malvagie di un imperatore che sembra essere incapace di governare in modo giusto, con la rettitudine che si confà ad un sovrano romano.
Il problema, che poi è il perno di tutta la vicenda, è che Caligola è estremamente consapevole dell'assurdità dell'esistenza umana, l'ha vista dipinta negli occhi morti della persona che più ha amato nella sua vita e in virtù di questa consapevolezza, decide di vivere la sua vita portando le sue azioni fino all'estremo limite del consentito, spingendosi poi anche oltre.
È una tragedia dell'intelligenza, o anche di una lucida follia: non è Caligola il folle, l'uomo senza più il senno, bensì è proprio lui il solo ad aver capito e compreso una cosa fondamentale: gli uomini muoiono e non sono felici e questo perchè sono inerti, statici, perché non hanno il coraggio di ribellarsi alla loro condizione.
Caligola lo fa, o almeno ci prova, e per questo viene considerato un mostro, ma lui non è altro una persona che si mostra, che si mette a nudo e che solo attraverso un dialogo con se stesso, in un mirabile gioco di specchi che mette in scena la duplice essenza della sua anima tormentata, riesce a capire che la vita vale la pena essere vissuta solo ed unicamente se ci si mette in gioco.
Il passo più bello di tutto il dramma, quello che forse mi ha fatto davvero amare il personaggio e anche tutto il lavoro fatto da Camus, è quello che ho deciso di riportare integralmente facendo parlare più l'autore che me stessa. 
A voi scegliere se vale la pena leggere o meno un autore di questo genere, capace di mettere a nudo in modo così spiazzante le debolezze del cuore umano, ma spero davvero che diate a Camus una possibilità (se già non vi è capitato di imbattervi nei suoi scritti che sono tutti egualmente molto belli). Io gliel'ho data e non mi sono pentita ed è solo grazie a questo che ora sono qui, a scrivere di lui.

Tratto dal Caligola di Camus: I atto, IV scena.
I personaggi sono Caligola, imperatore romano, ed Elicone, servo e confidente dell'imperatore.

Elicone: Buon giorno Caligola.
Caligola: Buon giorno Elicone.
Elicone: Sembri affaticato.
Caligola: Ho camminato molto.
Elicone: Sì, la tua assenza è durata a lungo.
Caligola: Era difficile da trovare.
Elicone: Che cosa?
Caligola: Ciò che volevo.
Elicone: E che volevi?
Caligola: La luna.
Elicone: Che?
Caligola: La luna. Sì, volevo la luna.
Elicone: Ah, e per fare cosa?
Caligola: E' una delle cose che non ho.
Elicone: Sicuramente. E adesso È tutto a posto?
Caligola: No, non ho potuto averla. Sì, ed è per questo che sono stanco. Tu pensi che io sia pazzo.
Elicone: Sai bene che io non penso mai. Sono troppo intelligente per pensare.
Caligola: Sì, d'accordo. Ma non sono pazzo e posso dire perfino di non essere mai stato così ragionevole come ora. Semplicemente mi sono sentito all'improvviso un bisogno di impossibile. Le cose così come sono non mi sembrano soddisfacenti.
Elicone: E' un opinione abbastanza diffusa.
Caligola: E' vero, ma non lo sapevo prima. Adesso lo so. Questo mondo così com'è fatto non è sopportabile. Ho bisogno della luna, o della felicità o dell'immortalità , di qualcosa che sia demente forse, ma che non sia di questo mondo.
Elicone: E' un ragionamento che sta in piedi. Ma, in generale, non lo si può sostenere fino in fondo, non lo sai?
Caligola: E' perchè non lo si sostiene mai fino in fondo che non lo si sostiene fino in fondo. E non si ottiene nulla. Ma basta forse restare logici fino alla fine.
Elicone: Io so ciò che pensi. Quante storie, per esempio per la morte di una donna.
Caligola: No, Elicone, non È questo. Mi sembra di ricordare, È vero, che alcuni giorni fa È morta una donna che io amavo. Ma cos'è l'amore? Poca cosa. Questa morte non è niente, te lo giuro. Essa è solo il segno di una verità che mi rende la luna necessaria. E' una verità molto semplice e perfettamente chiara, un pò stupida forse, ma difficile da scoprire e pesante da portare.
Elicone: Ma, in fin dei conti, qual è la verità , Gaio?
Caligola: Gli uomini muoiono e non sono felici.
Elicone: Andiamo, Gaio, questa è una verità con la quale ci si può benissimo arrangiare! Guardati attorno; non è questa una verità che impedisca loro di mangiare, per esempio.
Caligola: Allora è che tutto attorno a me è menzogna. E uno che mangia carne così è un mentitore. E io voglio che si viva nella verità . Da imperatore voglio che si viva nella verità , e io ho proprio i mezzi per farli vivere nella verità , poichè io so ciò che manca loro, Elicone. Sono privi di conoscenza e manca loro un professore che sappia ciò di cui si parla.
Elicone: Non offenderti, Gaio, di ciò che ti sto per dire, ma dovresti prima riposarti un po'..
Caligola: Non È possibile. Non sarà mai più possibile: dopo aver viste queste cose non è più possibile.
Elicone: Perché dunque?
Caligola: Ascolta, Elicone, sento dei passi e un rumore di voci. Non parlare e dimentica di avermi appena visto.
Elicone: Ho capito.
Caligola: E, ti prego, aiutami ormai.
Elicone: Non ho ragioni per non farlo, Gaio, ma non so molte cose e poche mi interessano. In che cosa ti posso aiutare?
Caligola: Nell' impossibile.
Elicone: Farò del mio meglio.
***

Per saperne di più, potete consultare il sito della Camus Society, oppure seguire la pagina facebook dedicata all'autore.

lunedì 14 luglio 2014

I Mille Volti del Vampiro

Viaggio alla scoperta del più affascinante personaggio di tutti i tempi

a cura di Dora



Chi di voi, almeno una volta nella vita, non ha avuto a che fare con un romanzo sui vampiri? Sfido chiunque a dirmi che mai, nemmeno per puro caso, non si è imbattuto in un racconto, una novella, un breve saggio o un romanzo intero dedicato al Principe delle Tenebre.
Se siete tra queste persone, vi prego contattatemi! No, non sto scherzando e di sicuro non voglio schernirvi: trovo davvero molto difficile, se non quasi impossibile, che esista ancora qualcuno che non sia ancora entrato in contatto (direttamente o indirettamente) con questo specifico personaggio anche se solo per una fatalità, un semplice scherzo del destino e questo perché, fin dall'inizio dei tempi, la figura del vampiro ha da sempre esercitato un fascino particolare nell’immaginario collettivo, tanto da avere echi straordinari anche ai giorni nostri.
Questa creatura misteriosa ed ineffabile, mostruosa e allo stesso tempo sensuale, conosce ancora oggi un periodo di enorme interesse sia letterario che cinematografico, nonostante abbia spesso cambiato le sue caratteristiche fisiche e comportamentali che l’hanno portata a distanziarsi notevolmente da quelli che erano i suoi tratti tipici tramandati dal folclore popolare europeo.
Ma chi è il vampiro? Originariamente il vampiro – la cui etimologia evocherebbe il pipistrello o, comunque, un’idea di volare, planare, fluttuare nell’aria come vapore, in un continuo riferimento alla sua natura di anima errante, pronta a trasformarsi in animale notturno – è un essere che ha caratteristiche di parassita che si alimenta ai danni di una vittima viva, così progressivamente indebolita.
Già con il racconto breve dell’irlandese Joseph Sheridan Le Fanu, intitolato Carmilla – pubblicato in Inghilterra nel 1872 e giunto in Italia nel 1980 – inizia a prendere forma quello che poi sarà il vampiro della letteratura romantica e che toccherà il suo massimo successo letterario con Dracula di Bram Stoker, pubblicato nel 1897 in Inghilterra e tradotto in italiano nel 1945.
Con Le Fanu, Stoker ed anche con il meno celebre, ma comunque importante, Vampyre di Polidori – pubblicato in Inghilterra nel 1819 ed edito in Italia nel 1984 – si gettano le basi per quella che poi sarà la classica figura del vampiro, caratterizzata non più da credenze popolari che lo relegano ad un immaginario contadino un po' rozzo ed ottuso: il vampiro diventa una figura romantica, affascinante, decisamente intrigante e piena di carisma della quale sembra non si riesca a fare a meno, in letteratura come nel cinema. Il vampiro, ma soprattutto la fascinazione per la sua misteriosa figura, ben si presta a vari adattamenti cinematografici i quali non faranno altro che affermarne il predominio assoluto su tutti gli altri personaggi che popolano i racconti del terrore (diciamoci la verità, nessuno regge il confronto con il Conte Dracula e vi sfido ad affermare il contrario!).
Dapprima c'è stato il Nosferatu di Murnau del 1922. Un vampiro decisamente grottesco, quasi ridicolo, un morto vivente sgradevole alla vista che, però, assume quelle che poi saranno la sue più importanti caratteristiche, i tratti che lo renderanno famoso: la sua natura malinconica, la sua profonda conoscenza di sé, quel suo anelare all'amore perduto (e forse mai davvero sfiorato) che lo muove in ogni sua scelta, che lo spinge fino all'estremo limite della sua natura.
Il vampiro è un emarginato, un escluso ed è per questo che piace alla gente, al lettore piuttosto che allo spettatore che si ritrovano in lui, che vedono riflessa in questa figura un pezzetto del proprio io: non importa quanti poteri possa avere, non è certo il suo potersi trasformare in nebbia, né l'immortalità a renderlo quasi perfetto agli occhi di chi legge o di chi guarda. Il vampiro è speciale perché non è infallibile perché, nella sua bestiale disumanità, cela caratteristiche di un'umanità quasi totalizzante, a volte anche dolorosa.
Il vampiro racconta di noi e della nostra società. Lo fa senza bisogno di alcuna maschera, senza nessun velo o filtro ed è questo il suo fascino. Questo il suo vero successo.
Lo sviluppo della tematica del vampiro, in riferimento soprattutto al romanzo di Stoker, toccherà momenti davvero unici e, per certi versi, irripetibili anche grazie a magistrali interpretazioni di attori del calibro di Bela Lugosi o Christopher Lee, i quali saranno capaci di creare un’immagine riconoscibile ed identificabile del non morto, come ad esempio il celebre mantello nero, metafora delle ali da pipistrello del Conte Dracula.
È però con il vampiro di Francis Ford Coppola che si arriva ad un vero e proprio punto di svolta nella trasposizione cinematografica del Dracula di Stoker. Uscito nel 1992, Bram Stoker’s Dracula è una delle più fortunate produzioni horror di tutti i tempi che si sviluppa sul tema del dramma amore e morte totalmente assente nel romanzo. La versione proposta da Coppola concilia dati documentati ad una certa libertà: innegabile è la somiglianza storica del protagonista con il Conte Vlad – considerato da molti il vampiro storico per antonomasia – rispetto a quello proposto da Stoker, ma la libertà più radicale mostra l’immagine del vampiro innamorato sulla quale si regge tutto il film e che sarà un nodo cruciale delle produzioni, letterarie e cinematografiche, successive.
Se è vero che la principale fonte letteraria alla quale il cinema attinge per sviluppare la figura e la tematica del vampiro è data dal romanzo di Stoker, è anche vero che sul finire degli anni Settanta si affaccia una nuova protagonista destinata a cambiare radicalmente la percezione del principe della notte: Anne Rice, scrittrice americana che con le sue Cronache dei Vampiri – un insieme di ben dieci romanzi redatti in un arco di tempo che va dal 1976 al 2003 – rivisita la figura del vampiro donandogli una nuova ed accattivante veste.
Ovviamente, la scrittrice, non demolisce totalmente la vecchia idea del vampiro: le sue creature hanno la pelle fredda, bianchissima, che si fa sempre più trasparente con il passare dei secoli e che ritrova un po’ del suo colorito una volta che il vampiro ha bevuto il sangue della sua vittima; sono sempre creature notturne la cui esposizione al sole ne provoca l’annientamento, e passano le ore di luce nascosti in bare, grotte o cripte in uno stato di incoscienza molto simile al sonno che ne rallenta i movimenti rendendoli, perciò, molto vulnerabili ad attacchi esterni.
Ciononostante a differenza dei vampiri ottocenteschi, questi esseri non si ritraggono spaventati o indeboliti davanti alla vista di una croce e non risentono minimamente del contatto con l’acqua santa; non possono essere uccisi da un paletto e trovano la morte solo se smembrati e dati in pasto alle fiamme.
Come la maggior parte di tutti i vampiri, anche quelli descritti dalla Rice hanno sensi acutissimi ed altamente sviluppati, forza e velocità sovrumane, ma non sono in grado di tramutarsi in animali notturni.
Possono però sviluppare speciali qualità che si rafforzano con lo scorrere del tempo ed in particolare sono dotati di poteri psichici che usano per leggere nella mente delle persone e per assoggettarle al loro controllo.
Se per i vampiri di Le Fanu e di Stoker la vampirizzazione avveniva lentamente come se la vittima fosse stata contagiata da un veleno sconosciuto, quelli della Rice trasformano le loro vittime facendo bere loro il proprio sangue che, attaccando i vari organi vitali, spegne la vita umana in cambio dell’immortalità.
Belli, eternamente giovani e spregiudicati, queste creature sono prive di inibizioni e forse anche per queste caratteristiche giungono nel 1997 sul grande schermo con al trasposizione di Intervista col Vampiro nel quale i ruoli principali vengono affidati a vere e proprie star come Brad Pitt, Tom Cruise ed Antonio Banderas, per poi replicare nel 2002 con La Regina dei Dannati il cui successo però non si è dimostrato all’altezza della precedente realizzazione. 
Intanto, anche la televisione, fiutando l’enorme guadagno derivante dall’interesse del pubblico verso la figura dei vampiri, lavora ad una serie che spopolerà tra i giovanissimi e che prende spunto da una produzione cinematografica passata quasi inosservata: Buffy The Vampire Sleyer, diretta nel 1992 da Fran Rubel Kuzui. Joss Whedon firma l’omonimo telefilm, che si snoda su un totale di 7 serie – trasmesse in America tra il 1997 ed il 2003 e giunte in Italia tra il 2000 ed il 2005 – raccontando la storia di una giovane ragazza il cui compito è quello di ammazzare i vampiri che creano disordini nella cittadina di Sunnydale.
La trama, per certi aspetti molto banale, è arricchita ancora una volta da una rivisitazione delle caratteristiche del vampiro che qui compie una sorta di rotazione verso il passato e riacquista alcuni dei tratti tipici dei suoi antenati: tornano in scena i paletti di legno da conficcare nel cuore per uccidere definitivamente le creature notturne, ricompaiono i simboli sacri come amuleti, croci e acqua santa per scacciare la loro influenza maligna; il vampiro non può entrare liberamente nelle case senza essere invitato ed è una creatura della notte a tutti gli effetti che non può assolutamente esporsi alla luce solare.
Anche in questo caso, però, entra in gioco una nuova componente che diventa il perno sul quale ruota tutto il racconto: il vampiro è sì un essere dannato e privo di anima che vaga sulla terra e che compie atti di pura malvagità senza portare il peso delle sue azioni, ma vi è anche un vampiro doppiamente dannato che è costretto a vivere per sempre con il rimorso ed il peso dell’anima che gli grava sulla coscienza.
Questo vampiro è in grado di amare e di provare sentimenti umani come il dolore, la passione ed il desiderio, ma non può essere libero di vivere la sua natura di vampiro perché in perenne conflitto con la sua anima mortale.
Sta di fatto che, per quanto possano essere differenti sia le caratteristiche fisiche che quelle psicologiche, il vampiro è la creatura mitologica che meglio si presta a raccontare i cambiamenti sociali di un’epoca e di una determinata cultura, e sono proprio i vari mutamenti del suo aspetto a riflettere una più complessa e radicata visione del mondo in periodi storici differenti. 
Il vampiro diventa quindi il portavoce di una società in perenne mutamento ed assume su di sè quelle che sono le paure, le angosce ed i tormenti di un’era tipica dei vampiri di fine Ottocento, ma anche i cambiamenti in positivo, la voglia di sfuggire da schemi prestabiliti e la volontà di non omologarsi a quella che è una condizione predeterminata.
Non è un caso se c'è davvero l'imbarazzo della scelta per chiunque voglia avvicinarsi al mondo dei vampiri. Che sia a livello letterario che cinematografico o televisivo, l'offerta è davvero ampissima, il ventaglio di possibilità quasi infinito e capace di soddisfare quasi chiunque, anche i più scettici. Alla Rice si sussegue la Meyer con la saga di Twilight. A Buffy si sostituiscono i fratelli Salvatore della fortunata serie televisiva The Vampire Diaries (tratta a sua volta da un'affermata saga letteraria firmata da L.J. Smith). A questa si aggiunge True Blood, prima romanzo di C. Harris (poi amatissimo telefilm), e recentissima è la serie intitolata Dracula nella quale a dare il volto all'affascinante vampiro è il talentuoso Jonathan Rhys Meyers.

Anche noi abbiamo una buona tradizione di questo genere e gli autori emergenti hanno saputo raccogliere l'eredità lasciata dai grandi scrittori del passato piegandola a loro piacimento per creare qualcosa di nuovo e originale in diverse "variazioni sul tema" capaci di restituire, ancora una volta, la complessa gamma di sfaccettature che ruotano attorno alla figura del vampiro.
A voi quindi una selezione di opere che spero possano stuzzicare la vostra sete di lettori. Perché si sa, leggere è una questione di gusto e il piacere va nutrito con della letteratura per tutti i palati!


Io, Dracula - Alexander Land

Transilvania, il racconto in prima persona del primo ed unico vampiro.
L'amore, quello vero, risveglia il Conte Vlad Tepes III ad una nuova vita. Strane voci che corrono nei venti, strani istinti muovono le gesta del più spietato dei vampiri, l'unico: il principe della sua specie. Alla ricerca di un amore negato da giochi di potere e guerre antiche, Dracula ritorna ad una nuova vita dopo un sonno durato sette anni. Tra le silenziose montagne della catena montuosa dei Carpazi, fino alla città delle colline ed alla corte di un vecchio mito. Una corsa contro il tempo e la fuga dai nemici che combattono il demone in nome della Chiesa risvegliano la bestia del vampiro che cerca solo l'amore di Hanna, la sua amata. Clemente Leorani, uomo potente della Chiesa, avvisato dai monaci studiosi di un convento tra i monti della Transilvania, apprende del risveglio di Dracula. La sua attenzione si concentra sulla vita della principessa che silenziosa dimora nello stesso convento. Leorani, al pari di Dracula, intraprende un viaggio per catturare e distruggere il male, il demone. Vlad deve trovare Hanna e fuggire prima che le forze della Chiesa lo raggiungano, ma il vero scopo è un altro: Loerani vuole i suoi poteri. Attraverso gli occhi del lupo, attraverso quelli dell'uomo e del demone, Dracula lotterà contro il suo nemico. Saranno le sue stesse parole, scritte dal suo pugno vampiro, a raccontarvi la vera storia... 

Lithium - Marika Cavaletto & Chiara B. D'Oria

"L’ultima scena, impressa a fuoco nella mia mente, fu quella di una ragazza dai capelli lunghi e castani impugnare un paletto di legno e tenere alto l’onore della nostra razza.
Siamo quello che siamo e lei si era appena aggiunta al nostro Destino.
Siamo quello che siamo.
Siamo Cacciatrici di vampiri…"
Il Destino regola inevitabilmente le nostre vite, intrecciandole, sovrapponendole e poi strappandole senza pietà. Questa è la storia di Mya e Chrissie, due ragazze che lasciano l'Italia per studiare all'estero, due ragazze che scappano da un passato impossibile da dimenticare. Fuggono, si nascondono, ma il Destino le travolge ancora, rinchiudendole in una realtà da incubo, una realtà dove i mostri sono reali e non solo ricordi insistenti. Un Dark Fantasy che lega le vite di diverse persone alla ricerca della loro strada, in un mondo irreale, governato da un'entità incurante. Perché il Destino ci ama e ci odia con la stessa intensità, ma a noi, povere pedine del suo folle piano, l'odio sembra prevalere.


Il romanzo in versione digitale su Amazon

E per finire, essendo un argomento dalla portata vastissima che tocca una molteplicità di culture diverse, ecco anche una proposta internazionale che non deve certamente passare inosservata!

Vampyre Heart - The Beginning


Vampyre Heart - The Beginning’, is an excitable story about the love of two people fighting to keep their love alive, whilst overcoming the challenges and myths of the underworld; a world filled with betrayal, witchcraft, vampyres, ghosts, and much more. 
The story follows the journey of Electra, who’s fought to maintain her sanity following the mysterious death of her husband, Sebastian. Following his death, Electra struggles to come to terms with the deceit she uncovers when she realises that those closest around her have kept many important secrets from her. 
She learns that she is actually a very powerful white witch, and her powers had been bound for many years to protect her from a dark and dangerous supernatural world, and because of this, Electra’s father, Vaughan, has also kept her hidden away within an old Manor in the middle of a forest for years. 
Electra also learns that her father is actually a vampyre and her real mother Christiana, who was also a Vor-Cato witch like her, was killed when Electra was just a baby whilst trying to save her from the Clan of Satan’s evil vampyre Stefan. 
Electra must now fight to stay alive within this crazy world and protect the secrets of her family legacy and accept that her husband Sebastian was not actually killed, but instead was turned into a vampyre by her father to save him.

Vampyre Heart Media
Vampyre Heart on Amazon


sabato 5 luglio 2014

La Casa dei Libri Volanti

Recensione del romanzo di Alessandra Gargiulo

a cura di Dora

Ci sono persone che sanno creare mondi con le parole. Ne prendono una, la fanno seguire ad un'altra, ma non ad una qualsiasi, alla sua perfetta consorte, alla sua sposa, alla sola che potrebbe andare bene per lei, un po' come ad uno di quei matrimoni d'amore che danno vita prima ad una frase e poi ad una pagina, fino ad una vera e propria storia che vorresti non finisse mai.
È questo il caso de La Casa dei Libri Volanti, l'esordio letterario di Alessandra Gargiulo, una ragazza che sembra intendersi davvero di questo matrimonio tra parole perché è dalla sua creatività e dalla sua inventiva che è nata una storia sottile e delicata, capace di andare dritta al cuore di chi legge.
Ed eccola qui, la storia. O meglio il punto di partenza per snodi davvero molto più complessi e intimi: la regina d'Inghilterra indice un bando per l'organizzazione di una festa privata a Balmoral. Nella lista degli artisti chiamati a presentare un progetto c'è anche un finlandese, Stefan. Il quale, pur di aggiudicarsi la vittoria, chiede aiuto a Will, suo amico e cantante di fama internazionale, e a May, scrittrice emigrata a Helsinki da Bruxelles. La collaborazione porta le loro vite a un bivio perché nulla è davvero facile, nulla è come sembra e anche una "semplice" collaborazione può celare qualcosa di molto più profondo, un legame capace di andare al di là del tempo e dello spazio, un po' come un'antica leggenda che affonda le sue radici all'inizio del mondo.
Ma si sa...le storie, quelle più belle, quelle davvero intriganti, quelle capaci di lasciarti con il fiato sospeso e con gli occhi incollati fino all'ultima pagina, sono quelle cariche di intrighi e di misteri e la vicenda di Will e May non può certo esimersi dall'essere non solo tenera e dolce, ma anche struggente e piena di mistero. 
Con un vero e proprio colpo da maestro, l'autrice spinge il lettore a prendere letteralmente parte al gioco drammatico dandogli la possibilità di scegliere tra due possibili finali: ed eccolo lì, il bivio, la biforcazione, arriva quasi senza preavviso, tanto che scegliere sembra essere una vera e propria tortura, forse per paura di dare ai due protagonisti un finale che non si meritano.

E voi che cosa scegliete? Siete capaci di andare fino in fondo alla vostra decisione e attenervi alla scelta o, come ho fatto anche io, non potete resistere alla tentazione di tornare indietro, ricominciare da dove le strade si diramano e provare a cambiare quello che sembra un destino ormai segnato? Che prendiate un percorso o un altro, il risultato non cambia: resterete sorpresi ed abbagliati. Questa è una promessa!

Scrivere non è per tutti, ma di certo sembra essere qualcosa che ad Alessandra riesce bene. Catapultando il lettore in uno strepitoso paesaggio finlandese, dove la natura la fa da padrona e dove i sentimenti sembrano nascere proprio da questi luoghi magici e incantati, La Casa dei Libri Volanti sa trasportarti in un mondo a metà strada tra realtà e fantasia, dove tutto è possibile se solo lasci la mente libera di correre verso ciò che più desideri al mondo.

Per non perdere nessuna novità riguardo al romanzo, potete seguire la pagina facebook dedicata direttamente a questo link:


Se volete acquistare il romanzo, potete farlo sui principali store online in formato elettronico:



giovedì 3 luglio 2014

Di Carne e di Carta

Recensione del romanzo di Mirya

a cura di Dora


Passione per la carta o pochezza della carne? A volte è davvero difficile scegliere se abbandonarsi a qualcosa che sai non può farti soffrire, piuttosto che buttarsi a capofitto in qualcosa dall'esito incerto. 
Cosa succede quando bisogna dare un senso di carta ad un uomo di carne? È questo il dilemma di Chiara, una dottoranda dell'università di Ferrara in procinto di discutere la sua tesi riguardante Dante. O meglio di redigere, dato che la sua relatrice, a causa di un imprevisto, è costretta a lasciarla nelle mani di un assistente.
No. Non di un assistente, ma l'assistente: Leonardo Villani, tanto colto quanto antipatico, un vero prodigio nel mondo accademico, ma proprio per questo altezzoso e sfuggente, oltre che con un approccio agli studi ben diverso da quello della ragazza.
Ma allora perché Chiara inizia a sentire per lui quegli stessi sentimenti che ha sempre provato per i suoi adorati uomini di carta?
Tra Leonardo, l'uomo di carne, e Dante, l'uomo di carta, il passo è decisamente grande (oltre che traumatico) e la differenza si sente...eppure la vera differenza sta nel capire quale dei due valga davvero la pena essere vissuto fino in fondo perché l'amore, quello di carta, nulla può contro quello di carne, anche se questo può far male.
E allora cosa succede quando tutte le regole dell'amore saltano? Come si fa a far quadrare il cerchio quando una cosa tonda difficilmente può avere delle quadrature, anche minime?
Questo è quello che dovrà scoprire Chiara, ma non solo lei. Anche Leonardo dovrà imparare che può esistere un compromesso tra la carne e la carta, ammesso che entrambi siano disposti a tentare di trovarlo.
"Di Carne e di Carta" è un romanzo di Mirya che, attraverso le sue parole ed il suo tratteggiare in modo delicato e semplice, ma mai banale, i caratteri di due personaggi tanto diversi quanto spettacolari, riesce a raccontare una storia davvero molto dolce, toccante, dai risvolti sicuramente rosa, ma non per questo scontati. È il racconto di due persone che si incontrano in un modo quasi comune, che arrivano perfino ad odiarsi come spesso accade tra chi è così profondamente diverso pur essendo dannatamente uguale, ma che per questo non possono fare a meno l'uno dell'altra, anche se potrebbe essere pericoloso spingersi oltre un confine imposto da rigide regole dettate dalla carta e dalla carne.
Perché il lieto fine non è per tutti.
Bisogna volerlo.
Ma non è detto che questo basti e per scoprirlo, proprio come nelle migliori storie di carta, bisogna arrivare fino all'ultima pagina.


Chiedo a Mirya di raccontarmi un po' di lei, sono una persona curiosa, io! Ma anche molto “professionale”: voglio fare bella figura con voi, cari lettori del blog, non posso certo non introdurre un'autrice, che ne dite? Purtroppo però, a seguito di una minaccia di morte, credo che sorvolerò sulla questione: come mi fanno giustamente notare, in prigione non c'è molto da leggere e io ho a cuore la mia vita...alla fine si tratta sempre di compromessi, giusto?!
Eppure qualcosa di Mirya posso raccontarvela e lo faccio con le sue parole. Le ho fatto qualche domanda per conoscerla meglio e per farla conoscere anche a chi si appresta a leggere queste righe: forse sarà una spia russa, magari perfino un agente segreto al servizio della regina (con tanto di doppio zero), ma di certo l'impressione su di lei non cambia: è davvero molto simpatica, lo si capisce da quello che ha scritto nel suo romanzo, ma anche dalla nostra breve conversazione.

D: Per prima cosa vorrei chiederti come è nato "Di Carne e di Carta"? E' una di quelle storie che hanno alla base una lunga e lenta pianificazione, oppure hai avuto l'ispirazione quasi come se fosse un colpo di fulmine? Credo molto nell'esistenza delle storie che, in qualche modo, scalpitano nella testa di uno scrittore per poter trovare la luce, che nascono ancora prima che ci si renda conto di aver iniziato davvero a scriverle...la tua a che categoria appartiene? 
R:  “Di carne e di carta” è nato in risposta ad una domanda: ero in grado di scrivere una storia d’amore senza i miei soliti giri cervellotici? La risposta è stata no, ovviamente, e così è nata questa storia; in genere tutto mi nasce sempre o con una scena, o con un personaggio, o con una tesi; in questo caso è nato dalla tesi che volevo dimostrare, la polemica contro gli uomini stronzi a cui si perdona tutto perché hanno avuto un’infanzia difficile. Hai avuto un’infanzia difficile? Benvenuto nel mondo di tutti gli esseri umani, ora per favore cresci oppure esci senza sbattere la porta. Ed ecco Leonardo, che ha avuto un’infanzia facilissima, ed è stronzo comunque, e deve crescere o uscire dalla vita di Chiara. Da questa tesi viene anche il corollario: certi ideali si cementificano nella nostra testa e ci precludono molte strade. La vita per me non è fatta di certezze ma di possibilità: è quando sei sicuro di qualcosa, che il mondo ti scarica addosso un camion di letame. E tu diventi uno stercorario. 

D: Da quanto tempo scrivi. Nelle note al libro ho visto che sei iscritta a efp (mi raccomando lettori, non perdetevi nemmeno una pagina del romanzo ndr), quindi presumo che la tua passione sia qualcosa che affonda le sue radici nel tempo e il tuo modo di scrivere non fa che confermare questa sensazione. Hai qualche aneddoto particolare da raccontarmi che, magari, può definirti come scrittrice o anche solo come una "creatrice di storie"? 
R: Ho iniziato a scrivere quando ho imparato a leggere, più o meno intorno ai cinque anni: capolavori letterari, come puoi immaginare. L’unico aneddoto che mi viene in mente è la prima parola che ho letto: era la marca su una bottiglia di birra. Credo che questo la dica lunga su come poi sarei cresciuta. 

D: Come sei arrivata a dire "bene, ora lo pubblico"? Immagino che arrivi un momento per ogni scrittore di chiedersi che futuro dare alle proprie storie. Farle leggere al mondo intero o tenere per sé qualcosa che ti possa mettere a nudo inesorabilmente, questo è il dilemma (perchè, bene o male, qualsiasi storia anche quella che meno sembra appartenere alla nostra vita di tutti i giorni, alla fine, ci definisce un po' come persone). Tu che tipo di autrice sei? Una che non ha paura di buttarsi o una che, invece, ha pensato e ripensato alla pubblicazione prima di fare il grande passo? E come vivi la pubblicazione e i vari commenti di chi apprezza o meno ciò che hai scritto? 
R: “Di carne e di carta” è su efp da quattro anni, e siccome l’avevo scritta per quel sito, con le scansioni che richiede una pubblicazione a puntate, non pensavo ne avrei mai fatto un libro. Io sto lavorando ad altro, ma siccome il tempo per scrivere è sempre limitato quando hai un lavoro e una famiglia e mi rendevo conto che i miei lettori affezionati volevano avere qualcosa, mio marito ha avuto l’idea di provare intanto a rivedere e pubblicare “Di carne e di carta”, anche per impratichirmi con la creazione di un ebook e il funzionamento di Amazon – all’inizio ho fatto un pasticcio dietro l’altro, infatti. Non mi aspettavo che la leggessero in tanti, né di arrivare fuori dal pubblico di efp, e ne sono stata stupefatta e deliziata. Sono meno stupefatta e deliziata dal marito, che da allora mi rinfaccia ogni giorno che l’idea è stata sua – e lo farà fino alla fine dei tempi. Io sono una persona che ha sempre trovato le paure limitanti e snervanti, perciò me ne sono liberata il più in fretta possibile: al momento mi resta la paura dei clown e delle bambole di porcellana. I clown di porcellana poi sono strumenti del diavolo. La pubblicazione è stata, per citare “L’alchimista” di Paulo Coelho che sto proprio leggendo, la realizzazione della mia Leggenda Personale, il mio sogno: non diventare ricca o famosa, ma solo raccontare le mie storie a qualcuno che le ascoltasse. Di fronte alle recensioni positive sono grata, incredula e felicissima; di fronte a quelle negative sono tranquillissima, perché non si può piacere a tutti né mi aspettavo di piacere a tanti. Se nelle recensioni negative ci sono osservazioni che trovo sensate, ci rifletto su; se ci trovo offese, ci rido su. In genere comunque rido e rifletto insieme, sempre a causa della prima parola letta sulla bottiglia di birra. 

Per sapere di più sul mondo di carne e di carta di Mirya, potete seguirla a questi link:

Per acquistare il suo romanzo in versione elettronica: